REVIEWS

 

“Sabina Meyer is pure music, her voice comes out like a beam of light; weightless, nuclear and illuminating.  Air surrounds everything she sings,  whether her brilliant and reinvigorating readings of Scelsi or her own mix of brash/coy and wonderfully informed improvisation. Her music seems to live in a perpetual present.”                               

review by Alvin Curran

 

Radio3Suite, Andrea Penna, 1.10.2016

"Il mondo sonoro della cantante, protagonista per Romaeuropa Festival dello spettacolo Ninfa in lamento, un composito mosaico di arte, musica antica e contemporanea, uno spettacolo che ha abitato le sale storiche di Palazzo Corsini alla Lungara, Sabina Meyer, interprete vocale poliedrica capace di spaziare dall’improvvisazione al contemporaneo, torna al teatro barocco. Ninfa in lamento traccia un’architettura sonora rigorosa ma flessibile su cui si costruisce, con suoni e immagini, uno spettacolo «totale», denso di implicazioni e rimandi diversissimi."

 

La Repubblica, 2.10.2016, Federico Capitoni

"Sabina Meyer non è soltanto capace di passare con estrema naturalezza dal repertorio barocco a quello contemporaneo, è altresì abile nell’operazione – più difficile e rischiosa – di mettere a contatto i due mondi. Lo fa dal punto di vista storico e concettuale, pensando programmi che possano indicare un percorso estetico coerente, ma anche attraverso espedienti eminentemente musicali quali l’uso dell’elettronica e dell’improvvisazione. L’approccio è semantico: l’elettronica assieme all’improvvisazione vocale, è decostruttiva. Accompagnata dalla tiorba, la Ninfa in lamento canta un amore lirico, e quindi sospeso, il cui ritorno dissonante alla realtà è procurato dai suoni spuri del computer e dal modo modernissimo che il soprano ha di cantare."

 

Il Giornale della musica, ottobre 2016, Giorgio Cerasoli

"Ninfa in lamento, proposto nell’affascinante cornice di Villa Farnesina, ha visto protagonista la duttile voce di Sabina Meyer, insieme alla tiorba di Simone Colavecchi e agli effetti elettronici di Elio Martusciello, complici in perfetta sincronia nel rileggere per il pubblico di oggi brani di Claudio Monteverdi e dei suoi contemporanei, scelti in funzione del tema del ‘lamento’. La sofferenza, che è emblematicamente rappresentata nel celebre Lamento della Ninfa di Monteverdi, diventa momento di sconfitta ma anche di rinascita, di catarsi, e la ricchezza di sfumature insite nella vocalità pensata dal compositore cremonese hanno suggerito alla Meyer un progetto che, in ultima analisi, restituisce alla musica una buona parte del suo carattere provocatorio e innovativo. Cioè quello che possiamo immaginare abbia avuto per gli ascoltatori dell’epoca, messi di fronte a un rapporto tra parola e suono totalmente nuovo. 

La vocalità della Meyer, che alternava al testo seicentesco l’improvvisazione contemporanea, il suono caldo e profondo della tiorba, strumento cardine nei ripetuti giri armonici delle passacaglie, l’intervento dell’elettronica – suoni e video – che avvolgeva l’ascoltatore, tutto ha contribuito alla creazione di un caleidoscopio di sensazioni ed emozioni, nelle quali il pubblico ha potuto ritrovare la vitalità di tutti gli affetti presenti nel ricco repertorio seicentesco. Insomma, a suo modo la Meyer, che sia grazie ai vocalizzi improvvisati o all’apporto dell’elettronica, ha creato un originale ponte tra il passato e il presente, sul quale far transitare la forte carica espressiva con cui la musica di Monteverdi, Kapsberger, Strozzi riuscì a stupire e a commuovere il pubblico del ‘600."

 
Kathodik, settembre 2016, Marco Paolucci
"Con la pubblicazione di questo interessante saggio Sabina Meyer segna un punto darrivo di una ricerca intrapresa da tempo (…) e racconta la voce e l’universo del suono che “vive” intorno a quest’incredibile strumento. Un viaggio che non si ferma ma che grazie a questo saggio segna nuovi lidi e nuovi spunti di riflessione."
 
Blow Up, luglio 2016, Massimiliano Busti
"Sabina Meyer, nel corso della sua carriera artistica ha saputo confrontarsi con creatività e intelligenza sia con la sperimentazione radicale di Berio, Scelsi a Cage che con le opere classiche di Monteverdi. Alla base di questa sua scelta artistica votata all’eclettismo c’è una notevole preparazione teorica e l’idea di intendere la voce come proiezione di una dimensione ulteriore, ineffabile e in qualche modo trascendente, proprio come illustrato in questo interessante saggio.         Qui la voce viene analizzata su un piano eminentemente antropologico, sviluppando un percorso che dalle baccanti e dal culto orgiastico di Dioniso nell’Antica Grecia, attraversa le pratiche sciamaniche del continente africano e infine approda alle forme più estreme del teatro contemporaneo, da Peter Brook a Antonin Artaud. In chiusura, i riferimenti al canto come messo di avvicinamento a Dio introducono uno studio sulla messa gregoriana e sulla musica chassidica del culto ebraico, aggiungendo ulteriori spunti di riflessione a una materia già di per sé ricca di spunti e di motivi di riflessione."
 
ALL ABOUT JAZZ, marzo 2016, Angelo Leonardo
"Questo studio ci ricorda uno dei dialoghi di Platone, il Cratilo. In quel testo Socrate si            domanda se il nome costituisca un attributo naturale delle cose o se sia imposto ad esse arbitrariamente dagli uomini. La risposta di Cratilo indica con chiarezza il modo di pensare in una cultura tradizionale: "Credo Socrate che un certo potere, superiore a quello umano, abbia dato i primi nomi agli oggetti."  
Qualche secolo prima, in India, in una delle più antiche Upanisad vediche (8°/9° secolo A.C.) si attribuisce a una sillaba mistica, a un suono primordiale, la nascita del Cosmo. A partire da questo concetto, trasversale a numerose tradizioni orientali e occidentali più recenti ("All'inizio fu la Parola e la Parola era presso Dio e la Parola era Dio" si legge nel Vangelo di Giovanni), la cantante e studiosa Sabina Meyer sviluppa una ricerca trasversale, indagando il ruolo della voce umana come espressione di una dimensione ineffabile, inconscia e generalmente sacra per le culture tradizionali. Il suo testo parte indagando le connessioni tra la figura dello sciamano e quella dell'attore nel teatro greco e in quello contemporaneo, si concentra sulla musica e l'arte teatrale indiana e approfondisce il ruolo di altre dimensioni che rivelano "l'essenza dell'invisibile," come la trance di possessione, la schizofrenia, la poesia arcaica, il canto gregoriano e quello chassidico dove il rabbino, lo tzadik (termine non a caso ripreso da John Zorn) accede alla sorgente sacra della musica e porta i fedeli in stretta relazione col divino." 
 
La Repubblica, gennaio 2016, Francesca Bolino
"Ogni concerto è come un rito sacro, in cui le barriere tra scena e palco scompaiono. Ed è con il suo vissuto di soprano e musicologa che Sabina Meyer conduce questa originale indagine sulla voce, “entità sfuggente e sottile”, che incrocia antropologia e teatro." 
 
L’isola della musica italiana, marzo 2016, Alberto Bazzurro
"Si può parlare di filosofia della voce, per definire la finalità di un testo del genere? La convinzione si fa strada, fra tante altre, piuttosto rapidamente, man mano che si procede con la lettura. Geograficamente, si affronta l’universo vocale (ma musicale, anzi sonoro, nel senso più lato del termine) indiano, con tutti gli annessi e connessi, quindi – in mezzo a tanto altro – misticismo, (spi)ritualità, rapporto con spazio e tempo (anzi, per più versi metaspazio e metatempo), conoscenza di sé e del soprannaturale, del soprasensibile, ma anche silenzio, che del suono non è l’opposto, la negazione, bensì una componente, un contraltare, in fondo un interstizio."
 
Lankelot, gennaio 2016, Luca Menichelli
"Il fatto che Sabina Meyer sia - anche- una cantante non deve far pensare che il "fenomeno vocale", come presentato nella quarta di "Dare voce all'invisibile", voglia dire innanzitutto canto e quindi si possa parlare di un saggio strettamente musicale alla stregua di quelli di Mario Brunello ("Silenzio) e di Abbado ("Ascoltare il silenzio"). Il libro affronta la tematica della voce innanzitutto da un punto di vista antropologico."
 
AICI, gennaio 2016, Ilaria Ceccerini
"Si squarcia forse un piccolo velo su una realtà “altra” della vocalità, una somma di tanti portati, talmente lontani nel tempo daessere difficilmente recuperati nell’uso forse un po’ superficialeche talvolta oggi ne facciamo, ma ugualmente illuminanti per chi volesse addentrarsi un po’ più in profondità in quel piccolo grande mondo ancora in parte inesplorato delle voce umana."
 
Il manifesto, novembre 2014, Mario Gamba
"Sabina Meyer, voce incantatrice.  L’istituto svizzero di Roma ospita Sabina Meyer con un récital scenico,  concepito dalla chanteuse in collaborazione con Elio Martusciello all’elettronica e Andreas Arend alla tiorba. Ninfa in lamento è il titolo complessivo della performance. (…)   
Musica del ‘600 con suoni sintetici di oggi. (…) La Toccata in mi di Kapsberger per tiorba sola fa da invito a una improvisation-composition di Meyer. Un cantato-parlato in sussurro, musica della mente persa, dell’introspezione languida. (…) Ecco il segreto di questo concerto a tre: la coesione in un clima di raccoglimento, niente contrasti sottolineati nonostante le differenti epoche, i dif­fe­renti mate­riali e certe belle asprezze che ven­gono soprat­tutto dall’elettronica. (…) Come innesta bene Meyer Hô I per voce sola sull’ultimo suono dell’elettronica, come è mirabile sul primo suo suono in grave, dal profondo, dall’inconscio, e poi nelle strepitose non-modulazioni, nei sillabismi di suoni spezzati e tenuti. Meyer e Martusciello improvvisano-compongono in duo e inventano una musica scelsiana-monteverdiana. (…) Operistica al massimo Meyer in Lagrime mie di Barbara Strozzi, si diverte a immedesimarsi, è proprio la primadonna dolente, e poi esce magnifica a tutta voce in Che si può fare sempre di Strozzi, arricchita e resa misteriosa assai dai commenti sonori di Martusciello.  Sabina la divina. Attrice di algida sensualità."
 
Tagesspiegel, April 2014, Carsten Riemann
"Frischer Blick auf alte Partituren
Bei "Zeitfenster", der Biennale für Alte Musik im Konzerthaus am Gendarmenmarkt, wird virtuos musiziert. Beobachtungen bei den zwei langen Nächten des Festivals.
Crossover-Projekte sind oft musikalische Joint Ventures mit hohem Marketingpotenzial, aber geringem künstlerischen Mehrwert. Nicht so die Projekte, die das „Zeitfenster“-Festival für Alte Musik am jetzt im Radialsystem unter dem Titel „On the border“ vorstellte. Denn streng genommen ist historische Aufführungspraxis ja bereits per se ein verkapptes Crossover-Phänomen: Wo eine Aufführungstradition unterbrochen oder gar völlig abgerissen ist, muss man sich zwangsläufig bei aktuellen Spieltraditionen bedienen, um aus toten Noten wieder eine lebendige musikalische Sprache zu machen.  Dass auch der Einsatz von Video und Live-Elektronik mehr sein kann als ein bloßer Gimmick, führten sowohl Sabina Meyers Projekt „Ninfa in Lamento“ als auch Burak Özdemirs „Transmute“ vor. Auch wenn sie hier und da Gefahr liefen, kultige Standards der Alten Musik wie etwa Purcells Lamento aus „Dido und Aeneas“ oder Kapsbergers „Arpeggiata“ spacig aufzubrezeln, überwogen die positiven Aspekte: In ihrer chamäleonhaften Anpassungsfähigkeit kann Live-Elektronik nämlich auch eine ästhetisch überzeugende Brücke von der analogen Musikproduktion auf dem Podium zur rein digitalen Videoprojektion im Hintergrund schaffen. Und auch die oft extreme Stilisierung historischer Musik wird verständlicher: Der Abstand von einem expressiven Monteverdi-Madrigal zu einem gesampelten Schrei ist jedenfalls geringer, als man denkt."
 
Il manifesto, novembre 2012, Mario Gamba
"Ballo delle Ingrate: ein sanfter multimedialer Gesang
“Sabina Meyer, Sopranistin, oder eher Vokalistin, Stimmliebhaberin ist die Diva der Show, die hier ihre Verbindung von Barock Arien zu Neuer Musik darstellt. Bei der Arie Lamento d'Ottavia bewegt sich die Sängerin mit gefühlvoller Sachlichkeit, mit gelassener Hingabe (...) dann wieder Meyer im Video, mit geschmeidigem Gang improvisiert sie in der ihr eigenen Art, die den Operngesang mit radikalen Klängen mischt. Dann wieder live geht sie durchs Publikum und singtEraclito amoroso von Barbara Strozzi und dann noch duettiert sie mit einer anderen Sopranistin via Skype Deh vieni hormai cor mio von Luzzaschi und als wundervoller Abschluss ihre einzigartige Darstellung von Strozzis Lagrime mie, Che si può fare."
 
Soloconlamiatesta, novembre 2012
"(…) Di quello di cui l’opera parlava si perdeva traccia, ma questo si sa, seguire un’opera, anche se “Etta” senza libretto è follia allo stato puro. Ma la storia di queste donne che rifiutavano i cliché di una vita chiusa nella gabbia del matrimonio offre il fianco a Letizia Renzini per allontanarsi dal solco del teatro seicentesco per trasformarlo in una medusa tecnologica dove l’analogica, ammaliante e energica, voce, di Sabina Meyer,si fonde con lo spazio di cavalli e cavalieri di cemento e gesso, con la musica elettronica, con un duetto lirico via skype, con l’incredibile site specific fatto di parole e testi di Theodora Delavault. La parte forse un po’ più inquietante si svolge al piano terra del museo, mentre l’arpa di Ann Fierens e la viola a gamba di Rosita Ippolito entrano in sintonia con la voce della Meyer, il movimento lento e soave delle ballerine in filigrana, l’ossessione delle parole che si compongono sulla parete infuocata di luce: “Everything is possible but nothing is real”. Uno spettacolo completo, forte, femminile, libero, indipendente. Bravò"
 
Il Giornale della musica, novembre 2012, Antonio Pellicori
"Il Ballo delle Ingrate (…) In un itinerario attraverso lo spazio del Museo Marini il repertorio barocco, trattato insieme con rispetto filologico e personalità da Sabina Meyer, entra senza mediazioni a contatto col linguaggio contemporaneo – video elettronica, coreografie, testi originali – di un gruppo di artiste capaci di trasfigurarlo e di riproporrlo con una forza emotiva dirompente."
 
Rockerilla, Juni 2011, Aldo Cimenti
"Concrete Songs, TICONZERO (…) Ein Reigen von originellen und unerwarteten Klängen: Kitare, Marimba, Schlagzeug, Klavier, Streichquartette, elektronische Instrumente vereinen sich und die klanglichen Verzauberungen von Sabina Meyer verleihen dazu die perfekte Krönung."
 
BLow Up, febbraio 2011, Massimiliano Busti
“Concrete Songs, TICONZERO…contiene composizioni dalla doppia valenza: da un lato l’aspetto emozionale della canzone esaltata dal canto di Sabina Meyer, dal timbro austero, vocalità classica e tessiture sonore dall’ampio respiro: All’infinito, variazione su un tema di Chopin, e di grande eleganza in Vanishing Point.
 
Alias, marzo 2011, Mario Gamba
“Concrete Songs, TICONZERO…dodici canzoni del tutto exrtraordinarie…senza intaccare affatto l’orignalità del tutto, si potrebbe cogliere affinità con certi tratti di psichedelia di un Fausto Romitelli. Orchestrazione raffinatissima. Vocalisti che incantano.” 
 
Il manifesto, Juni 2011, Mario Gamba
Occhi Leggiadri. Die andere Dimension von Sabina Meyer. Eine faszinierende "Chanteuse", die jede Menge Kultur und Technik mit sich herumträgt. Seit langem befasst sie sich mit dem Klang des zwanzigsten Jahrhunderts, aber sie gibt sich damit nicht zufrieden: jetzt will sie die Alte Musik ins Auge fassen. An der Fondazione Scelsi zusammen mit Domenico Ascione bietet sie eine Konzertprobe von alter zu neuer Musik: von Giacinto Scelsi, wo die warmen und dunklen Klänge ihrer Stimme zum Vorschein kommen; meisterhafte Schwingungen auf einer einzigen Note. Sie hat die Fähigkeit sich in der mystisch-primitiven Welt des Komponisten aufzuhalten, ihr aber eine mondäne Genießbarkeit zu verleihen. Ein subtiler und lebhafter Genuss. Ist die Sängerin also ausschließlich der zeitgenössischen Musik verschrieben? Nein! Da kommt Monteverdi: Ecco di dolci raggi, Io ch’armato sin or, Si dolce è’l tormento. Und die Farbe verbreitet sich um die so spezielle Eigenschaft dieser Stimme: rund-nachdenklich-herzhaft.   Sie verliert ihr Gleichgewicht auch in hoher Lage nie. Hier liegt auch ihr Geheimnis: die Natürlichkeit, den persönlichen Touch, die gesuchte NichtAkademie. Ein wertvolles Konzert."
 
Paris, Transatlantic Magazine, ottobre 2010, Dan Warburton
“Musica Improvvisa, AA.VV, Die Schachtel...Thau. Maybe it's because we're biologically programmed at birth to respond to the human voice, especially female, but vocalists in improv always stick out (...) it's Meyer who retains our attention. Thankfully, she doesn't trot out the fake orgasms, gurgles and twitters usually associated with vocal improv, but actually sounds like she's singing – and it's not hysterical prima donna warbling either(...) As it is, her set with Thau is supple, reactive and often quite jazzy...”
 
Il manifesto, settembre 2010, Mario Gamba
"Moodswing3, Rai Trade...ci sono momenti nei quali la musica di improvvisazione - composizione radicale si propone come la musica più significativa nella prospettiva della trasformazione. Estetica e politica, mai come oggi una cosa sola. Questo è uno di quei momenti. La vocalista Meyer è al suo meglio, che vuol dire a livelli stratosferici. Riprende i modi del canto lirico e li fonde con una sapienza rinnovata dell'informale post-jazzistico: fascinosa e seducente, coraggiosa e singolarissima nella pratica della melodia. Il clarinettista basso Koch alterna i suoni rumoristici e «cavernosi» con certi intimismi straniti da novello Jimmy Giuffre. Il percussionista Lovens eccelle nella costruzione di sequenze di suoni scabri, di battiti misurati: un campione mondiale di intelligenza e musicalità sovversiva. E la sintonia tra i tre è semplicemente meravigliosa.”
 
The Wire,  August 2010, Julian Cowley
“Musica Improvvisa, AA.VV, Die Schachtel...Thau, a predominatly Swiss quartet, with Hans Koch blowing reeds (...), singer Sabina Meyer and electric bassist Paed Conca. The character of Meyer’s voice suggests that she could be at home singing standards but here she extends outward, into fragmented utterance and atomized expression. Thau sound like a deconstructed jazz group, a well-balanced format dissolving into something unrecognisable. Well worth hearing.”
 
All about Jazz, maggio 2010, Vittorio Lo Conte
Moodswing3, Rai Trade...ist ein Gespräch zu dritt, vollkommen improvisiert und von der Inspiration des Moments angetrieben. Hier ist alles möglich: sogar dass sich die Stimme von Sabina Meyer plötzlich in Operngesang verwandelt und von der nach Eric Dolphy klingenden Klarinette umspielt wird.  Oder dass sich das Schlagzeug von Paul Lovens im Dialog mit der Stimme in elektrischen Spannungen bewegt. Die von jeher gepredigte Freiheit findet hier tatsächlich ihren Ausdruck, eine eigene Sprache als Ausgangspunkt ohne allzu treue Blicke in die Vergangenheit. Von einem Stück zum anderen verwandelt sich alles sehr rasch, ohne Leerlauf, ohne kreative Engpässe. Ein intensives Konzert, das die Ausdrucksmöglichkeiten der modernen Radikalität gut fokussiert.
 
Daily Star, April 2010, Jim Quilty
“The sound of something moving, invisible...the quartet’s sound would not be out of place in a concert of contemporary classical music (...) the tenor of Meyer’s voice run the gamut from crystalline bel canto to whispers to earthy intonations of Gospel. Doerner’s trumpet demonstrated equal range (...) and while voice and trumpet continued this virtuoso jostle at center stage, piano and clarinet remained more circumspect in the wings”.
 
Il Giornale della Musica, Januar 2010, Antonio Pellicori
"Das Projekt von Alvin Curran ist für das Deutschlandradio Kultur realisiert worden: im Höhepunkt des Konzerts vereinen sich Currans außerordentliche Partner zu einerGruppenimprovisation. Man scheint von der konkreten Materie der einzelnen Instrumente auszugehen und die fantastische Vokalität von Sabina Meyer bewegt sich durch eine Reihenfolge von Crescendi in eine Dimension der materischen Körperlosigkeit. Das Konzert ist ein einzigartiges Ereignis von kristallklarer Schönheit.
 
Il manifesto, febbraio 2009, Mario Gamba
“In diretta Rairadio3...Il canto di Sabina Meyer è costituito dalla voce di soprano lirico. Modulazioni atonali, uscite dal registro, sapori di sperimentazione, echi del Jazz di punta sono tutte cose interne a una linea di suoni che in certi momenti è quasi tematica, con dentro qualcosa di wagneriano, qualcosa di berghiano, qulacosa di scelsiano (...) Esordio assoluto del trio Moodswing3, svizzera-italiana Sabina Meyer, tedesco Paul Lovens, svizzero Hans Koch. Bello il gioco di contrasti tra certe asprezze dei due strumentisti e il procedere melodizzante, liricizzante, tra il sognante e il perduto, della vocalista.”
 
Improjazz, ottobre 2008, Philippe Renaud
“...Thau Festival de Mulhouse...c'est sans doute une des raisons pour lequelles Thau, le quartet d'Hans Koch etl'élégance feutrée de sa chanteuse, Sabina Meyer, nous semblèrent si opportuns. quand bien meme le festival ne nous eut guère habitués à tant de douceur en fin soirée.”
 
Lalsace, ottobre 2008, Frédérique Meichler
“...Autour de minuit une immersion dans l'univers harmonique superbe de Thau au Festival de Mulhouse. Yeux clos, visage immobile, la voix profonde de Sabina Meyer entre dans les résonances d'un coup d'archet sur le gong comme on se love dans un matière mouvante (...) La chanteuse se promene avec aisance dans une tessiture etendue, tutoie les sommets, developpe les sonorites amples dans le medium et chaudes dans le graves. Alternant les envolees lyriques, les longues notes tenues qu’elle ne cesse de moduler, les conversations obsessionelles, elle reinvente en permanence avec la complicite’ de ses musiciens un language imaginare saisissant. Une prestation envoutante qui vous tient en haleine jusqu’au bout des silences.”
 
Kathodik, agosto 2007, Sergio Eletto
“Esce per Ants, Cabaret per Nulla, Musiche di John Cage e Erik Satie...Sabina Meyer, magica e complessa voce, anarchico gesticolare e suonare oggetti vari, sparsi, pazzi e Marco Dalpane, esperto pianista, in verve ortodossa e non – ossia, preparata: un duo ‘specializzato’ e tanto, ma tanto innamorato della contemporanea, come visione sublime dei sentimenti… dei gesti… di piccole e insignificanti note, rumori...Un (Non) “Cabaret” non – scritto e ideato - per volgare intrattenimento ludico, ma per sarcastica-pungente-satirica ironia; scandita dallo scivolare di una musica che, soprattutto nella figura dei due esecutori, dispone a volontà dell’elemento gesto-gestualità: corpi che si muovono e vibrano insieme-parimenti con gli strumenti, improvvisando e non, danzando e rimanendo statici nell’atmosfera silente di un brano.” 
 
Tokafi, maggio 2007, Tobias Fischer
“...Cabaret per Nulla: subtle piano playing, a bit of prepared piano (in 'She Is Asleep'), the beautiful singing of Meyer: this is excellent music, and in true spirit to the humor of both composers, it's present as a cabaret, of course with different music, but with a similar light atmosphere. Great!”
 
All About Jazz, maggio 2007, Luca Canini
“Di singolarissima ispirazione l’episodio della serie prodotta da Pino Saulo firmato dal quartetto Viktoria Frey, pseudonimo dietro al quale si nascondono la voce di Sabina Meyer, il trombone di Lauro Rossi e il pianoforte di Fabrizio Puglisi.
(...) Colonna portante dell’ambiziosa operazione è la voce rigorosa ed austera della Meyer. Deliziosamente teatrale, dotata di un innato senso della misura, lontana dagli eccessi e dagli inutili virtuosismi, la cantante svizzero-partenopea riesce a mantenersi costantemente in equilibrio fra canto e declamazione, recitazione ed improvvisazione. Sorprendente, inoltre, come la lingua tedesca sprigioni una musicalità contorta, drammaticamente astratta, ostica eppure ammaliante.
Di fronte a cotanta grazia, il resto della band si muove con circospezione ed estrema economia, puntualizzando e contrappuntando le evoluzioni della Meyer, sostenendocon intelligenza le ardite trame brechtiane e concedendosi brevi spazi di interazione.”
 
Musica Jazz  (consigliato da), giugno 2007, Dalla Bona
“Sono determinati a soprprendere e ci riescono, non per quello che qui canatno bensì per come lo cantano (...) La voce duttile e limpida di Sabina Meyer -non importa quale sia il registro anche emozionale, sul quale va a collocarsi - non può esimersi dal confronto con le asimmetrie e gli scarti indotti nella declinazione del canto dalle suggestioni dei testi e dell’obbligo della lingua. Le musiche di Eisler e Weill sono accostate con rispetto ma senza soggezione. Su esse il gruppo Viktoria Frey conduce un lavoro calmo e lucido di scomposizione e sgretolamento.”
 
ALLABOUTJAZZ, febbraio 2006, Angelo Leonardi
Per chi non conosce Sabina Meyer, diciamo che questo è un disco di sperimentazione vocale che s'innesta sul filone già esplorato da Cathy Berberian, Laurie Anderson, Joan LaBarbara, Diamanda Galas e altre. Come queste artiste anche Sabina ha fatto della sua voce uno strumento duttile e sofisticato per esplorare le relazioni tra i suoni, i rumori e dare voce ai moti dell'animo. Soprano svizzera di madre italiana, vive da anni in Italia dove ha perfezionato gli studi artistici (Gabriella Bartolomei e Michiko Hirayama), quelli antropologici (una tesi al DAMS su sciamanesimo e vocalità) e dove opera professionalmente. Anche se collabora spesso con improvvisatori jazz, l'ambito privilegiato della Meyer è quello della ricerca a cavallo tra libera improvvisazione, musica elettroacustica e scrittura di derivazione classica contemporanea; in questo disco offre un'esemplare dimostrazione delle sue doti interpretando opere di Luciano Berio, Giacinto Scelsi, Erik Satie, John Cage più un paesaggio sonoro costruito sulle combinazioni tra voce, suoni elettronici e ance. Le interpretazioni degli autori citati vedono la cantante da sola in studio, impegnata in esecuzioni in presa diretta, senza alcun intervento tecnico. Il secondo lavoro, “Sibilo Sibilla - Music For Voice & Noise” è stato realizzato assieme a Fabrizio Spera (oggetti amplificati) e Michael Thieke (clarinetti e sassofono). E' diviso in dieci frammenti e utilizza invece creativamente il lavoro di editing con la voce che trae spunto da parti musicali pre-registrate. Come precisa la vocalist nelle note di copertina: “Ho pensato agli oggetti che mi circondano, ho voluto ascoltarli e cercare di trarne l'essenza. Esplorare il suono - reale o immaginario - di questi oggetti mi ha portato a parlarci, interagire con loro attraverso il mio improvvisare e sperimentare con la voce; come se da essi potessero scaturire racconti, linguaggi, memorie. (...) Ogni frammento prende spunto da ambiti extramusicali, dal linguaggio psicoanalitico a quello tecnico meccanico, dalla poesia all'inquadratura pittorica o cinematografica”.
 A differenza della Galas il canto della Meyer non è votato all'eccesso ma esercita il suo diritto alla libertà all'interno di un rigoroso controllo della forma. In una dimensione d'alto virtuosismo, le sue performance sono invenzioni in cui la dimensione timbrica, ritmica, melodica si fonde in giochi teatrali di vibrante tensione emotiva. E' ovviamente musica che richiede l'attenzione e la partecipazione attiva di un ascoltatore preparato. Chi s'avvicina per la prima volta può iniziare dai tre deliziosi “poèmes d'amour” di Erik Satie dove non esiste difficoltà di fruizione.
 
Il manifesto, gennaio 2006, Mario Gamba
“Festival Scelsi...in scena c’è Sabina Meyer. Fantastica. La purezza dell’emissione ha ormai raggiunto livelli assoluti, e con essa un rilassato virtuosismo. La seduttività del timbro e di certe inflessioni calde è fortissimo. Rischia, semmai l’interpretazione troppo “pulita” rispetto ad una presunta esigenza di Scelsi di dare carattere rituale al lavoro. Ma Sabina sa quel che fa:  punta sulla bellezza del suono e ne lascia trasparire la corporeità, che non vuol dire visceralità a tutti i costi, ma grazia sensuale. E poi riesce in un gioco diabolico sapiente: usa i modi del canto di scuola per rendere il tutto meno esoterico, più felicemente astratto, insomma più moderno, più attuale. (…)  Viene approntato un finale sottovoce di sprechgesang indisciplinato e leggero. Splendidamente leggero. Scelsi se lo sognava.”
 
Il manifesto, febbraio 2006, Mario Gamba
“Sabina Meyer è sul mercato. E' un bene che una così grande chanteuse sia sul mercato. La sua è musica di ricerca e musica di intrattenimento, proprio così, intrattenimento, dicano quel che vogliono i santoni delle penitenze musicali che mettono all'indice questa parola. Scelsi e le improvvisazioni totali, radicalissime, sono la ricerca e Satie con un amabile- sventato Cage sono intrattenimento? Non proprio. I due modi di essere si alimentano l'un l'altro, addirittura coincidono, e sempre senza compromessi, sempre con il sapore degli atti estremi, nella musica di Sabina Meyer (...) Quattro cd. Tre usciti negli ultimi giorni, uno di imminente pubblicazione, un'assoluta anteprima per il manifesto. Cabaret per Nulla per la casa discografica Silenzio, Antenata per l'etichetta canadese Ambiances Magnétiques, Il trio Rasa per Auditoriumedizioni e il top è il cd Cruelly Coy per l'etichetta Lazy Melodies.”
 
Musica Jazz (consigliato da), gennaio 2009, Alessandro Achilli"
"Antenata Ambiances Magnetiques...La voce - vi si muove sicura, confidando su una tecnica superlativa e una bella varietà di registri nel cantato, sull’impostazione teatrale dei recitativi e sulla padronanza di più lingue: nata a Zurigo da madre italiana e padre svizzero tedesco, Sabina Meyer può permettersi di interpretare in lingua originale Ingeborg Bachmann, Simone Weil, Meret Oppenheim, Patrizia Cavalli e Patrizia Valduga Sylvia Plath e Anne Sexton.” 
 
Blow up, dicembre 2005, Michele Coralli
“Rasa Auditorium Edizioni...composizioni estemporanee costruite attorno alla voce limpida e cristallina di Sabina Meyer (…) una vocalità strettamente imparentata con le modalità espressive di ascendenza accademica, il primitivismo sciamanico, e l’avanguardia performativa semina il terreno già fecondo di buone promesse.”
 
Blow up, dicembre 2005, Dionisio Captano
“Antenata Ambiances Magnetiques...mase il formato può essere noto, l’ispirazione –il grido- è cosa nuova, nel senso di roba fresca, sanguinante. Scorre sangue-parola di donna (…) in duplice voce di donna: Sabina Meyer, al canto (...) Esiste ancora chi coltiva l’utopia della musicae dell’arte politica , con un radicamento storico così forte nella ‘tradizione-innovazione’  delle avanguardie del ‘900 da darci qualche speranza che la memoria non è persa, che ci si può rapportare ad esperienze vive.”
 
Sands-Zine, Ottobre 2005, x e.g.
“Antenata Ambiances Magnetiques: l’ossatura del disco è saldamente nelle mani della Meyer e della Cattivelli: suggestioni mitteleuropee che si miscelano con la musica afroamericana (jazz… ma anche altro) sotto la benedizione di un santone qual è stato Frank Zappa… e qui bisognerebbe scomodare Igor Stravinskij, ma rischiamo di andare troppo lontano.”
 
Recrec, ottobre 2005, Veit Stauffer
“Auf dem kanadischen Label Ambiances Magnetiques veröffentlicht die italienische Gruppe ANTENATA ihr starkes Debut "AnteNata”.  Ein Ereignis ist die nach Italien ausgewanderte Zürcher Sängerin Sabina Meyer, die Schwester von Minus 8 und Arnold Meyer, aber das tut hier nichts zur Sache... Vertonte Texte & Gedichte von Ingeborg Bachmann, Meret Oppenheim, Anne Sexton, Sylvia Plath, Simone Weil etc.  Das 5-köpfige Ensemble spielt mal grazil & einschmeichelnd, dann wieder dissonant & herausfordernd. Eine spannende und abwechslungsreiche Kost, manchmal durchaus verwandt mit Dagmar Krause bei Art Bears oder News FromBabel.”
 
Il manifesto, settembre 2005, Mario Gamba
“...il quartetto Thau (Paed Conca, Hans Koch, Sabina Meyer, Fabrizio Spera) è in tour in europa con il sostego del ccs milano. non c’è una vera star del gruppo ma le estese parti di Sabina Meyer possono far eleggere star questa vocalista sempre più fascinosa. passaggi in sovracuto però dolcissimi, voce rotta da asprezze molto corporee, uscite in una vera e propria confessione d’amore per il canto classico, reminescenze velate di melodie della tradizione ebraica.”
 
Improjazz gennaio 2005, Philippe Renaud
“(...)de Giacinto Scelsi Sabina Meyer reprend deux variations sur Ho qui mettent en valeur sa magnifique voix de soprano. de Luciano Berio elle a retenu sequenza III alternant le tragique et le comique, la tendresse aussi. de John Cage elle a choisi aria, pour voix solo, preuve qu’elle peut adapter son timbre et sa tessiture aux variationes rigoureuses de dix personnages differentes (…) dans sibilosibilla on retrouve la capacité d’improvisation totale de Sabina, enchainant rires, gloussements, cris, chuchottements, éructations, faisant d’elle le pendant féminin d’un phil minton, avec la meme émotion, la meme puissance par instants, une manier très partuculiere de raconter ses histoires (…) je me répète, mais retenez ce nom, Sabina Meyer, déjà une grande de l’improvvisation.”
 
Musica Jazz, gennaio 2005, Federico Scoppio
“...Rairadiotre ha presentato per Battiti i Viktoria Frey della cantante Sabina Meyer con Lauro Rossi, Fabrizio Puglisi e Fabrizio Spera. i quattro hanno rimosso un poco di “ruggine”  alle musiche di Hanns Eisler e Kurt Weill basate su testi di Bertolt Brecht per restituirle ad un attualità animata da un respiro musicale versatilee immune da leziosità.”
 
Musica Jazz, gennaio 2005, L.Fa
“...al Crossoverjazzfestival di Imola inedito è il duo fra Eugenio Colombo e la voce della svizzera Sabina Meyer, che con notevole consonanza hanno imboccato percorsi melodico-ritmici inusitati ma non disagevoli.”
 
Corriere della sera, maggio 2004, Vittorio Franchini
...la cantante Sabina Meyer, autentica rivelazione della serata al Festival Pulsi di Milano (…) che sillaba cadenze sonore con una strabiliante vocalità, mormorando parole di un lessico inventato(…)”
 
Il manifesto, settembre 2004, Mario Gamba
“...Rot di Domenico Guaccero al Goethe-Institut di Roma...Chiara Pavone, Sabina Meyer, Roberto Abbondanza tre solisti splendidi per parti che variano dal vocalizzo rumorista al canto disteso, esplicitamente ma innovativamente lirico (…) la voce di Sabina Meyer impregnata di fervida “insensatezza”  come nell ”allora il sole diverrà tutto oscuro” della voce folk, e resta da capire perché sia stata definita così dall’autore la voce che suona più avant-garde.
 
Improjazz, gennaio 2004, Philippe Renaud
“...au festival de controindicazioni à rome Sabina Meyer nous racconte des droles d’histoires faites d’onomatopées, decris d’effroi ou sensuels, vachercher loin au fond d’elle-meme des sond que l’on peut confondre avec les instruments tants il sont evocateurs, en un mot elle devient passionnante et passionnées, possédées par instants d’un souffle que peux de chanteuses possèdent, les références alant du coté de Sainkho Namchylak et de Lauren Newton, mais aussi de la regrettée Annick Nozati. retenez ce nom, vous aurez probablement très bientot de ses nouvelles.”